Comunicato stampa relativo alla sentenza F-4618/2017

Estremismo islamico: confermato il divieto d'entrata

Nel 2017 l'Ufficio federale di polizia ha pronunciato un divieto d'entrata della durata di dieci anni nei confronti di un uomo che intratteneva contatti con membri del movimento salafista. Pur avendo riscontrato diversi vizi di procedura, che però sono stati sanati in sede di ricorso, il Tribunale amministrativo federale ha confermato il provvedimento inflitto.

20.12.2019

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Foto: Keystone
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Un uomo con doppio passaporto franco-tunisino ha lavorato in Svizzera dal 2006 al 2013, da ultimo a Ginevra presso la moschea del Petit-Saconnex. Da allora l'interessato risiede in Francia, non lontano dal confine con la Svizzera. Nel marzo 2017, in occasione di un controllo di frontiera, l'interessato ha dichiarato che intendeva cercare lavoro in Svizzera. Nel giugno successivo, l'Ufficio federale di polizia (fedpol) ha pronunciato nei suoi confronti un divieto d'entrata della durata di dieci anni, che gli è stato notificato dieci giorni più tardi al momento di un nuovo controllo di frontiera. Fedpol ha motivato la misura di respingimento con il fatto che l'interessato coltivava costanti rapporti con persone radicalizzate, e quindi rappresentava un'evidente minaccia per la Svizzera. L'interessato ha impugnato questa decisione dinanzi al Tribunale amministrativo federale (TAF).

 

Violazione del diritto di essere sentito

Il TAF ha accertato che fedpol ha violato a più riprese il diritto di essere sentito dell'interessato. In primo luogo, fedpol avrebbe dovuto notificare il divieto d'entrata all'interessato il giorno stesso della decisione, poiché l'indirizzo del suo domicilio era noto alle autorità cantonali. In secondo luogo, considerata la laconicità della domanda presentata dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), avrebbe dovuto consultare l'incarto esaustivo di quest'ultimo prima di decidere. In terzo luogo, fedpol avrebbe potuto consentire l'accesso ad alcuni atti celandone preliminarmente parte del contenuto.

 

Vizi di procedura sanati dal tribunale

Secondo il monitoraggio della situazione da parte del SIC, il livello della minaccia resta elevato per quanto concerne possibili attentati commessi da individui isolati. A ciò si aggiunge anche il problema nuovo della pronuncia di divieti d'entrata in ragione di una minaccia terroristica nei confronti di persone residenti in uno Stato membro dell'UE o dell'AELS. Alla luce di queste circostanze, il TAF ha sanato in sede di ricorso i vizi di procedura imputabili a fedpol, benché la fattispecie rappresenti un caso limite.

 

Movimento radicale

Nella propria sentenza, il TAF constata in sostanza che, secondo fonti confidenziali attendibili, l'interessato intratteneva contatti regolari con diverse persone radicalizzate, le quali ammettono la violenza come strumento legittimo per il perseguimento dei loro obiettivi ideali. Una di queste persone ha varcato la frontiera tra Turchia e Iraq per aderire allo «Stato Islamico». Il ricorrente stesso intratteneva rapporti preoccupanti con l'organizzazione «Ansar Al-Charia» in Tunisia. Lo Stato tunisino classifica questo gruppo tra le organizzazioni terroristiche, poiché alcuni suoi membri simpatizzano per l'organizzazione «Al-Qaïda», a sua volta ritenuta responsabile di vari attentati commessi nel Paese.

 

Ha avuto il suo peso anche il fatto che il ricorrente lavorasse come addetto alla sicurezza presso la moschea del Petit-Saconnex, poiché tale moschea era frequentata da diverse persone radicalizzate. Infine, il ricorrente ha precedenti penali e durante la procedura di ricorso si è dimostrato scarsamente collaborativo. Dati tutti questi elementi, il TAF ha concluso che, pronunciando il divieto d'entrata, fedpol non ha abusato del proprio margine discrezionale.

 

Questa sentenza può essere impugnata dinanzi al Tribunale federale.