Informazione, trasparenza, chiarezza del diritto

Artur Zazo, quanto è importante il lavoro di squadra nella comunicazione?
Il lavoro di squadra è una delle condizioni di base per una comunicazione efficace. Specialmente in un piccolo gruppo, ogni individuo porta con sé delle competenze molto specifiche che non possono essere rimpiazzate da chiunque, per esempio nelle relazioni con i media, nella scrittura, nell’implementazione visiva o nelle questioni strategiche. Per poter svolgere tutti i compiti di comunicazione e garantire tutti i servizi continuativamente o e senza lacune, dobbiamo lavorare in modo coordinato e poter contare gli uni sugli altri. Al tempo stesso, il lavoro di squadra non è circoscritto soltanto al settore Comunicazione. La comunicazione ha successo unicamente quando ognuno fa la propria parte: quando i giudici, i cancellieri e i collaboratori condividono informazioni, scambiano prospettive e partecipano con il loro bagaglio di conoscenze. La comunicazione interna ed esterna è efficace soltanto quando queste interazioni funzionano. E ciò è ancora più importante per un tribunale di grandi dimensioni come il nostro, con circa 470 dipendenti.
Cosa significa per lei una buona comunicazione?
Una buona comunicazione crea orientamento, fiducia e connessione, tanto all’interno, quanto all’esterno. È chiara, coerente e valorizzante, trasparente, concreta e accessibile. Una buona comunicazione opera in due direzioni: trasmettere ma anche ascoltare. Questo vale sia all’interno del tribunale, sia al di fuori di esso. All’interno, una buona comunicazione contribuisce in modo fondamentale a creare coesione, facilita lo sviluppo di un senso di appartenenza e rafforza l’identificazione con il nostro compito. Verso l’esterno, essa fa sì che il tribunale venga compreso, accettato e rispettato nel suo ruolo.
Per quale motivo è necessaria una comunicazione del tribunale, se esso si esprime già attraverso le proprie sentenze?
È vero che il tribunale parla soprattutto attraverso le sue sentenze. Ma oggi non è più sufficiente. La nostra società sta diventando sempre più articolata e dinamica, i canali di comunicazione si sviluppano in modi sempre più intricati. I tempi in cui i media classici come i giornali e la televisione decidevano da soli quali notizie diffondere sono finiti da un pezzo. A partire al più tardi dal 2015 è diventato normale, nella quotidianità digitale, che sia i privati cittadini, sia le aziende siano in grado di diffondere informazioni in modo diretto e non filtrato. In questa situazione complessa, il tribunale deve spiegare sempre più spesso implicazioni e retroscena. Lo vediamo quotidianamente nei media: le istituzioni pubbliche sono molto più sotto osservazione rispetto al passato, mentre allo stesso tempo cresce il bisogno di informazioni attendibili e comprensibili.
Quali obiettivi si è posto per la comunicazione al TAF?
I nostri obiettivi sono determinati dal ruolo del tribunale all’interno dello Stato di diritto. Nella comunicazione verso l’esterno utilizziamo moderni contenitori per tradurre le attività del tribunale in una lingua e in una forma che sia comprensibile anche al di fuori della cerchia dei professionisti del diritto. Dobbiamo rendere i contenuti giuridici in una lingua che possa essere capita da tutti, evitando però di semplificarli. Questo rafforza la prossimità della giustizia e rende il nostro lavoro abbordabile. È fondamentale che i cittadini e le cittadine capiscano che cosa comportano le sentenze nella loro vita quotidiana.
«I tempi in cui i media classici come i giornali e la televisione decidevano da soli quali notizie diffondere sono finiti da un pezzo»
Artur Zazo
Ha iniziato la sua attività al TAF a settembre dello scorso anno, dopo aver lavorato per anni nel settore privato. Cosa l’ha colpita?
Una cosa che mi ha colpito sin dal primo momento è il rapporto conflittuale tra la necessità di riserbo e il compito di informare che caratterizza la comunicazione del tribunale. Dobbiamo rispettare l’indipendenza della giustizia e non possiamo commentare o influenzare i processi con il nostro lavoro di comunicazione. Allo stesso tempo, vogliamo informare apertamente e in modo comprensibile, è la nostra responsabilità verso lo Stato di diritto. A differenza delle aziende del settore privato, il tribunale non si preoccupa della propria immagine in senso classico, ma della trasparenza della giustizia e della chiarezza del diritto. Non comunichiamo per attirare l’attenzione, ma per alimentare la fiducia. Riusciamo a realizzare questo obiettivo grazie alla precisione, alla serietà e alla nostra disponibilità a fornire spiegazioni. Da comunicatore, mi è capitato di rado di vedere altrove tanta modestia, gratitudine e stima per il mio ruolo.
Lei è giurista di formazione, ma lavora da molti anni nel settore della comunicazione. Come concilia questi due mondi?
Ci sono più parallelismi tra la giurisprudenza e la comunicazione di quanto si possa pensare a prima vista. I giuristi analizzano, strutturano, classificano, formulano. Per la comunicazione sono necessarie proprio le stesse attività e competenze. In entrambi i ruoli bisogna rendere comprensibili e adeguati dei contenuti complessi. Un altro elemento in comune è il fatto che sia nell‘applicazione del diritto, sia nella comunicazione è necessaria molta empatia e anche una grande sensibilità. Chi comunica si pone davanti al proprio pubblico, in modo analogo a un giurista, il quale deve porsi davanti a fattispecie, parti o sollecitanti diversi. Un ulteriore denominatore comune è la cura nell’uso della lingua. Tanto nella comunicazione, quanto nella giurisprudenza, una parola in meno o una parola di troppo possono avere notevoli conseguenze. Non è quindi così difficile riuscire a coniugare questi due mondi.
Come lavora per far sì che il tribunale non sembri isolato e chiuso verso l’esterno?
Il tribunale non sembra isolato e lontano dalla società nel momento in cui mostriamo che dietro alle sue sentenze ci sono delle persone. E persone che giudicano con responsabilità, rigore e misura. In questo senso, la comunicazione del tribunale non è un esercizio fine a sé stesso, ma un dovere verso il pubblico.
Artur Zazo è nato nel 1982, e dopo gli studi di diritto ha trovato la propria vocazione nella comunicazione. Da settembre dello scorso anno dirige la Comunicazione del Tribunale amministrativo federale, dove, tra le altre cose, apprezza il multilinguismo messo in pratica. Egli non vede quest’ultimo semplicemente come un arricchimento personale, ma anche come un contributo alla diversità e all’inclusione. È padre di un figlio e vive con la propria famiglia a Winterthur.
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