Il futuro appartiene al lavoro di team

Secondo la professoressa sangallese Heike Bruch resta però da vedere che aspetto assumerà il lavoro del futuro. E anche se al momento vi è molto fermento riguardo all’IA e ai colleghi robot, una cosa è certa: il lavoro di team non si può evitare, anzi resta un caposaldo.

11.12.2025 - Katharina Zürcher

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La professoressa sangallese Heike Bruch.
«Le organizzazioni ad alto rendimento sane si contraddistinguono grazie a tre specificità: un’energia molto produttiva, un grande senso di benessere dei collaboratori e poca energia negativa. Heike Bruch (Bild: zVg)

Heike Bruch, che importanza attribuisce al lavoro di team?
L’importanza del lavoro di team è già notevole oggi e cresce costantemente. Più i compiti da svolgere richiedono flessibilità, creatività e innovazione e più occorre un team composta da profili il più possibile diversi. Tale diversità concerne fattori esterni come l’istruzione, l’origine, il genere o l’età. Mentre per i fattori più intimi come la maniera di approcciarsi, l’ambizione o i valori si aspira all’affinità, perché i valori condivisi rafforzano la collaborazione. Il team in quanto porto sicuro è sempre più importante per i singoli membri che sono confrontati a un aumento della pressione e delle tensioni psichiche. Le persone vogliono sentirsi partecipi e attorniate.

Lei fa ricerca su nuove forme di lavoro all’Università di San Gallo. Come si prospetta il lavoro del futuro?
È una domanda ardua perché non abbiamo ancora una risposta. Attualmente molte cose sono in pieno rivolgimento. Però si profilano già alcuni modelli prospettivi e altri meno volti al futuro. Vi sono quindi organizzazioni che si preparano molto bene alle nuove forme di lavoro, le cosiddette new work. Queste organizzazioni hanno sviluppato una sana cultura della prestazione, che consente ai collaboratori determinate possibilità di scelta riguardo a dove e quando lavorare e a come comunicare, e allo stesso tempo provano a rafforzare il legame affettivo e l’impegno all’interno del team. In particolare dall’anno scorso, altre imprese adottano invece metodi di condotta che tendono a essere più autoritari: impongono ai loro collaboratori di tornare in ufficio, e controllano insistentemente la performance. Se lo fanno in maniera irrispettosa, è probabile che frustri i collaboratori, che possono percepirlo come una mancanza di fiducia. Attualmente sono dunque in campo diverse forze che spingono in diverse direzioni e non si sa ancora quale sarà l’organizzazione del lavoro in avvenire. A ciò si aggiunge l’interazione con l’intelligenza artificiale come nel caso dei colleghi robot.

Colleghi robot? Cosa bisogna aspettarsi dall’IA?
L’intelligenza artificiale è già utilizzata, in parte in maniera inconsapevole e in parte consapevolmente. Dato che al momento molti non dispongono delle conoscenze necessarie, l’IA suscita timori e opposizioni. Molte organizzazioni non hanno una strategia chiara per affrontare questa tematica. Occorre l’intervento degli alti dirigenti e delle risorse umane, che devono sviluppare una strategia e forse un concetto, e preparare i collaboratori a utilizzare l’IA con un approccio positivo e responsabile. L’IA racchiude un potenziale inimmaginabile riguardo alla crescita dell’efficienza, ma anche al cosiddetto aumento delle competenze umane, volto a completarle e migliorarle. L’IA cambierà profondamente il mondo del lavoro! È ormai giunto il momento di affrontare questa tematica in maniera consapevole e trasparente includendo gli esseri umani. Non si tratta solo di una trasformazione tecnologica, bensì e soprattutto di un mutamento culturale.

Può dircene di più?
Dobbiamo prepararci al fatto che non rimarrà pietra su pietra L’IA avrà un impatto su ogni profilo professionale. In futuro alcuni lavori non verranno più svolti da esseri umani. Le persone interessate devono essere preparate, poiché l’IA comporta anche l’opportunità di progredire. Le persone non saranno sostituite dall’IA, ma da persone che hanno le competenze per utilizzarla. L’apertura mentale rispetto all’utilizzo dell’IA e le competenze necessarie sono anche una questione generazionale, perché i giovanissimi utilizzano le applicazioni IA nettamente più spesso. Visti i grandi rischi in gioco, occorre soffermarsi anche sulla tematica della protezione dei dati. Non possiamo permetterci di mettere l’IA nel dimenticatoio, ma non possiamo neanche minimizzare le tematiche spinose che vi sono connesse. Pertanto è ancora più importante che la tematica non si insinui velocissimamente solo sotto l’aspetto tecnologico, ma che sia introdotta in maniera consapevole, competente e mirata. Gli alti dirigenti e i settori delle risorse umane dovrebbero innanzitutto acquisire le competenze necessarie, allo scopo di poter orientare la trasformazione. Allo stesso tempo ognuno di noi dovrebbe familiarizzarsi con l’IA e con ciò che comporta. 

Facciamo il punto sui lavoratori giovani: è vero che le persone della generazione Z sono meno dedite al lavoro rispetto alle altre?
Vi sono grandi differenze in questa fascia di età, tuttavia si può constatare che per i giovani il lavoro ha un’importanza diversa: non è più il perno della vita intorno a cui tutto ruota, poiché per loro prevale l’equilibrio fra vita privata e professionale. Ciò non toglie che molti siano dediti al lavoro, ma non ad ogni costo. Vogliono svolgere compiti che abbiano un senso, ed anche l’ambiente di lavoro, il team e i superiori devono essere adeguati. In caso contrario si tirano indietro oppure se ne vanno. La generazione Z ci fa comprendere che la maniera di lavorare di molte organizzazioni non è più appropriata. Dovremmo ascoltarli piuttosto che allettarli a entrare in un mondo del lavoro che corrisponde così poco alle loro aspettative, che non riesce del tutto a entusiasmarli. I giovani della generazione Z hanno molto da offrire e insieme a loro è possibile strutturare il lavoro in maniera nuova e più gratificante per tutti. Naturalmente questo obiettivo può rivelarsi impegnativo e difficile per i dirigenti, specialmente nel contesto attuale che li mette già a dura prova. 

«L’IA cambierà radicalmente il mondo del lavoro; dobbiamo prepararci al fatto che non rimarrà pietra su pietra.»

Heike Bruch

Cosa li mette a dura prova attualmente?
Da oltre vent’anni facciamo ricerca sulle doti personali dei dirigenti in materia di energia e concentrazione, due grandezze considerate i presupposti di una buona conduzione. Prima l’energia disponibile era considerata primordiale. Oggi invece le cose sono cambiate e il 55 percento dei dirigenti accusa non solo una mancanza di concentrazione, ma anche di energia. Questi dirigenti sono esausti a causa dei tanti cambiamenti, ma anche per il fatto che in molte aziende non si definiscano chiaramente quali sono i compiti inerenti ad una conduzione moderna. Pertanto le aspettative nei confronti dei dirigenti risultano nel contempo talmente vaste e opache da suscitare incertezze o la sensazione di dovere farsi carico di troppe cose contemporaneamente. 

Cosa consiglia ai dirigenti in questa situazione?
Consigliamo di fare attenzione alla propria energia. L’autogestione e la preservazione della propria concentrazione sono molto importanti. I dirigenti dovrebbero riflettere attentamente a come si dovrebbe dirigere. Ogni organizzazione deve definire chiaramente cosa intende per conduzione moderna. Il fatto di definire la propria concezione di conduzione fornisce ai dirigenti perlomeno delle indicazioni, ma questi ultimi dovrebbero anche essere incitati a evolvere. Consigliamo inoltre ai dirigenti di parlarne regolarmente con i colleghi che sono confrontati agli stessi problemi, o con un coach.

Come organizzare correttamente l’attuale rivolgimento per tutto il team? 
Visti i tanti cambiamenti è necessario rafforzare la cultura della collaborazione, che si basa sulla fiducia e sulle capacità del team. I team dovrebbero avere la possibilità di autoorganizzarsi, di lavorare in maniera libera e flessibile e di costituire un porto sicuro per i singoli membri. Se non si fa attenzione a questo cambiamento culturale e si mette l’accento solo sull’aspetto tecnico e strutturale del new work, si corre il rischio che la coesione ne risenta, e che le persone lavorino in maniera iper virtuale e si isolino. 

Cosa può fare un team quando un membro non fa abbastanza?
Bisogna trovare una soluzione, altrimenti può generare molto scontento. Se è il team a dover risolvere il problema, il compito è molto impegnativo. Se è possibile è meglio affidarlo alla conduzione gerarchica, che dispone di diverse possibilità, come ad esempio dare riscontri positivi o negativi, oppure servirsi della retribuzione. Una situazione di questo tipo richiede molto tatto e una maniera di procedere costruttiva e critica al tempo stesso. In ogni caso è importante agire in maniera rapida e metodica.

Quindi la conduzione gerarchica non è ancora tramontata?
Ciò che non è più d’attualità è la conduzione autoritaria. Per contro, una conduzione moderna basata sulla gerarchia può essere opportuna e adeguata se denota leadership, e se la condotta esemplare dei dirigenti è una fonte d’ispirazione per i collaboratori e li valorizza. Può essere completata con una conduzione condivisa, che consiste nel conferire più responsabilità individuale all’interno del team. Per molto tempo la conduzione si limitava a queste due opzioni, ma ci siamo resi conto che i team riescono a gestirsi meglio autonomamente, spalleggiati dai dirigenti. La noncuranza non è una buona idea perché è un approccio poco valorizzante e comporta il pericolo che i collaboratori si distacchino dall’organizzazione. 

Il che ci porta alla penuria di specialisti. Come fa un datore di lavoro a risultare attrattivo?
Deve rafforzare gli aspetti positivi che hanno un impatto cospicuo e che poche organizzazioni possono vantare. Una cultura dirigenziale forte con alti dirigenti che agiscono in maniera esemplare aiuta quanto una cultura della fiducia. La percezione di chi vive l’azienda dall’interno è decisiva: se i collaboratori si trovano in un ambiente in cui tutti si impegnano al massimo ed hanno la sensazione di essere in un luogo in pieno fermento, si identificano e danno il meglio. Bisogna mettere in risalto e creare energia positiva e allo stesso tempo evitare il negativismo e un contesto che suscita frustrazioni. Se le persone lavorano una contro l’altra, se oppongono resistenza ai cambiamenti o se vi sono giochi di potere, bisogna assolutamente mettervi fine. È pericolosa anche la cosiddetta trappola dell’accelerazione, ossia una situazione in cui regna un surriscaldamento collettivo e in cui le persone sono costantemente al limite. Nella nostra regione un contesto di trappola dell’accelerazione si riscontra nel 75 percento delle organizzazioni. Ma se vi è sempre troppo lavoro e non si definiscono le priorità le persone si sfiancano. Un altro pericolo è inoltre l’isolamento, ossia quando le persone si sentono sole e non più partecipi. In questi casi la direzione deve intervenire ed è necessario fare evolvere la cultura anche all’interno del team.

Di quali strumenti dispongono le organizzazioni e i dirigenti per aiutare i loro personale a rimanere in salute ed efficienti?
Nel nostro istituto, l’alto rendimento sano è una tematica di ricerca importante. Le organizzazioni ad alto rendimento sano si contraddistinguono grazie a tre caratteristiche tipiche: un’energia molto produttiva, un grande senso di benessere dei collaboratori e poca energia negativa. Ciò significa che i dirigenti sono fonte d’ispirazione e di entusiasmo; che regna una piacevole energia di identificazione con il lavoro e con l’organizzazione, e la convinzione che vada tutto bene. I successi si festeggiano in maniera opportuna, si evita la trappola dell’accelerazione, si rimane concentrati e si mostra stima, e vi è interesse per il benessere delle persone. Insomma concettualmente un contesto con poca energia negativa. I fattori che fanno perdere attrattiva all’organizzazione vengono eliminati, e si riducono le fonti di frustrazione, la propensione al proprio tornaconto, i conflitti e le tensioni negative. L’alto rendimento è incentivato quando è tangibile che i dirigenti affrontano le tematiche negative in maniera mirata.

Cosa possono fare le persone per rimanere efficienti e in salute?
È importante che si autogestiscano e che dimostrino apertura e curiosità, ossia una mentalità di crescita (growth mindset), secondo il principio: «non posso ancora fare tutto, però ci provo e provandoci posso imparare qualcosa.» Le osservazioni non devono essere considerate come una critica, bensì come una possibilità di imparare. Nessuno deve essere perfetto, ma visti i diversi rivolgimenti e le nuove sfide bisogna essere dotati della capacità di sperimentare le novità, di imparare e di crescere personalmente. Affinché ciò si realizzi è importante che la persona si trovi in un contesto che ammetta la possibilità di errore e in cui si ha meno timore quando si tratta di affrontare le novità. Anche per questo motivo è importante che ognuno si senta sostenuto e in un porto sicuro all’interno del team. I team che funzionano sono l’alfa e l’omega di ogni organizzazione.

Heike Bruch, nata nel 1966, è Professoressa di leadership all’Università di San Gallo e Direttrice dell’Istituto per la conduzione e la gestione del personale. Le sue ricerche sono incentrate sulle tematiche leadership, energia e impegno, alto rendimento sano e nuove forme di conduzione e di lavoro. Ha ricevuto molti riconoscimenti per il suo lavoro teorico, e si occupa anche dell’aspetto pratico affiancando dirigenti e aziende.

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